sabato 21 marzo 2009

Cleopatra

Era una femmina di basset hound, di razza purissima; era stata chiamata Cleopatra, per almeno tre ragioni: prima di tutto perché era bellissima di lineamenti, con gli occhi espressivi, umani, e cerchiati di nero, come se qualcuno l'avesse truccata. (A quanto si dice, Cleopatra non era bellissima; tuttavia è passata alla storia come sinonimo di una bellezza affascinante, capace di conquistare i più prestigiosi personaggi della Storia). Poi, perché aveva dei tratti del tutto simili alla sua omonima regina egiziana: era infatti capace di affascinare tutti i cani maschi, da quelli di razza a quelli ''fantasia'' o, come dicono, bastardini; salvo poi sbertucciarli, rifiutarli e respingerli tutti sistematicamente, con lo stesso spirito di una donna cinica e calcolatrice. E infine perché, quando camminava, procedeva sinuosa, ancheggiando vistosamente e facendo oscillare ora a destra ed ora a sinistra la coda lunga e vigorosa.…………….In realtà era una gran canaglia, perché rubava continuamente tutto ciò che le giungeva a tiro, dai salami agli arrosti, fino alle torte, e perfino i gelati, che strappava cinicamente dalle mani dei bambini; perché fuggiva di casa costringendo il padrone a cercarla disperatamente per tutto il quartiere, e perché in definitiva faceva soltanto ciò che le frullava per la testa in quel momento, senza mai ascoltare gli ordini. Inoltre prendeva in giro ogni giorno il suo padrone, ora sfilandosi il collare durante la passeggiata, con un gesto abilissimo, ora impuntandosi sulle strisce pedonali, in mezzo alla strada, bloccando così il passaggio delle auto, ora coricandosi all'ombra ed al fresco e rifiutandosi di proseguire la passeggiata. Insomma, un cane impossibile, devoto al suo padrone soltanto all'ora di colazione, pranzo, merenda, cena e spuntini.…………….La sua arma segreta era un fiuto sensibilissimo: sempre intenta a seguire la ''pista'', con il muso a terra e le orecchie lunghe e striscianti, coglieva gli odori ed i profumi più disparati, anche se esili e lontani; allora il suo incedere non era più rettilineo e regolare, ma si faceva zigzagante e sinuoso fino al raggiungimento della preda, che di solito consisteva in un panino, un pezzo di brioche o di focaccia, una fetta di salame, qualche carogna, e perfino qualcosa di peggio.……………In casa, pur consapevole dei limiti imposti dal padrone, amava sfidarlo sul difficile terreno dell'occupazione dei locali e dell'arredamento: entrare in alcune stanze 'proibite' e salire e sistemarsi sui letti e sui divani era il suo sport preferito. Una volta installatasi in una stanza e accomodatasi su un divano, era ben difficile che si facesse convincere a lasciare la sua postazione. Si iniziava così una lunga guerra, fatta di ordini perentori, di minacce e di oggetti volanti da una parte, e di risposte ringhiose e furibonde dall'altra; il tutto si concludeva per lo più con il tentativo, da parte di Cleopatra, di morsicare il suo padrone, tentativo ben presto seguito da un tardivo impulso al pentimento, che la spingeva opportunamente ad andare in castigo, rifugiandosi di sua volontà nella stanza buia, nella sua cuccia, come per autopunirsi ed espiare le sue colpe; ma dopo non più di dieci minuti, fatta la sua penitenza, eccola di nuovo in giro per la casa, con la sua bella faccia tosta, come se nulla fosse accaduto.Passeggiare per le vie della Foce era per lei (e, di riflesso, anche per lui) una preziosa occasione per recitare la sua parte di attrice consumata. Quando il padrone, in un crescendo di arrabbiatura, cercava di farla camminare, quella si distendeva in tutta la sua lunghezza, di traverso al marciapiedi, o in mezzo alla strada; in quel caso gli strumenti a disposizione contro la sua protervia, per farle cambiare idea, erano ben pochi: prima le minacce (il gesto di frustarla con il guinzaglio, ''ti lego al guard rail sull'autostrada'', la promessa di randellate, ecc.), poi gli insulti più umilianti (bestia, canaglia, cane fetente, brutta troia), poi ancora i bocconcini prelibati che ogni padrone di cane porta con sé, ed infine gli inviti e le esortazioni dei passanti, che si illudevano di riuscire a convincerla; ma il più efficace restava sempre il gesto del finto abbandono: il padrone lasciava il guinzaglio sulla schiena di Cleopatra e si allontanava con passo deciso, ma con un occhio sempre vigile e attento alle reazioni del cane. Ed ecco che, messa di fronte alla possibilità di essere abbandonata, Cleopatra si alzava lentamente, si guardava attorno e, finalmente libera, prendeva la corsa, di solito nella direzione opposta a quella del suo padrone, infilandosi ora in un bar, ora dal panettiere ed ora nel negozio del salumiere, a meno che, nei dintorni, non fosse a disposizione una bella trattoria.